“Nei sogni c’è uno scrigno di verità nascoste
A custodirle è l’anima, che narra le risposte
Nei sogni c’è uno scrigno
Ma la chiave è ben nascosta
A custodirle è l’anima,
La chiave è la risposta
Ciò che fa più paura
E’ la paura stessa
Solo un’emozione
La paura è questo
Paura del nero
Peura del male
Se ciò che sogni allora è vero”
(Apres la classe)
Arriva la prima immagine: avvallamenti di campagne che costeggiano la Nomentana in direzione esterna. Un pomeriggio tiepido e tanti pomeriggi simili, con poco traffico o forse più del voluto. Il sole è all’altezza giusta. Alle spalle il sorriso di mille sorrisi di una scuola rumorosa e la stanca gaiezza di chi ha fatto il suo dovere e si sente pieno della sua giovinezza. La sorpresa che non c’è la coda all’uscita del Raccordo e la canzone che finisce con tu che la canti, sorridendo, senza un motivo apparente. Non ricordi nulla in particolare, è solo il frammento di un periodo in cui tutto sommato i giorni si assomigliavano un po’ tutti. Un frammento di tranquillità e soddisfazione che non è legato a nulla se non a quei versi e al viaggio in macchina. Era pomeriggio. Tornavi a casa. Ed eri sospeso in quella sensazione che hai legato a quella canzone. Per il resto non c’era nulla di memorabile. Solo vita.
“From where I stand at the crossroads edge,
there’s a path leading out to sea.
And from somewhere
deep in my mind,
sirens sing out loud
songs of doubt
as only they know how.
But one glance back reminds, and I see,
someone else not me.
I keep looking back
at someone else… me?”
(Queensryche)
Ancora più indietro nel tempo. Non hai neanche 18 anni. Un pomeriggio come tanti altri. In cucina c’è tua nonna, nel pieno delle sue facoltà. Hai chiuso la porta per poter passeggiare ore mentre ascolti la musica a tutto volume. Ti dicono che è tipico dell’età. Non sai che continuerai a farlo ancora fino a 33 anni. Non ricordi cosa è successo di particolare quel pomeriggio. Hai sicuramente fatto tutti i compiti. Presto e bene, come sempre. Così dopo c’è la musica. Passeggia da solo e non sai neanche a cosa pensi. Pensi solo a cantare a mente quelle parole che in realtà non conosci. La luce a incandescenza colpisce i mobili. Finita la canzone, la rimandi indietro e la riascolti. Perché i cd costano cari e non sono ancora così diffusi. Finita, la rimandi indietro ancora. Dentro di te la pace di un vuoto in cui ci sei tu che canti e suoni il piano. Riconosci gli oggetti della tua casa. Sei al sicuro. Era pomeriggio. Stavi a casa. Ed eri sospeso in quella sensazione che hai legato a quella canzone. Per il resto non c’era nulla di memorabile. Solo vita.
The fool escaped from paradise will look over his shoulder and cry
Sit and chew on daffodils and struggle to answer why?
As you grow up and leave the playground
Where you kissed your prince and found your frog
Remember the jester that showed you tears, the script for tears
[…]But the game is over
(Marillion)
Ancora più indietro. Hai appena 15 anni. Forse neanche 16. C’è ancora quella ragazza dentro di te. Hai scoperto questa canzone per caso affittando il CD perché ti piaceva la copertina. Quando si affittavano i CD. Una vita fa. Sei in camera tue ed è tardo pomeriggio. Traduci il testo febbrilmente, rimanendo affascinato dai simboli e i continui rimandi poetici in cui ti ritrovi anche non capendone appieno il significato (anche solo prettamente lessicale). Non capisci “roundabouts” se è “giostra” o “rotatoria”. È poesia. Una persona potrebbe perdersi in incroci e rotatorio come in ritmi e giostre da fiera. Fuori dalla finestra è buio, forse è inverno e fa sera presto. Tutti sono fuori della tua stanza, ma cosa è successo di particolare quel giorno non lo ricordi. Passeggi avanti e indietro come la lupa del campidoglio per la stanza e la cosa ti piace. Non ricordi persone, avvenimenti o altro al di fuori di questo. Un altro ricordo inutile. Era pomeriggio. Stavi a casa. Ed eri sospeso in quella sensazione che hai legato a quella canzone. Per il resto non c’era nulla di memorabile. Solo vita.
La nostra vita alla fine è una sequenza irrazionali di giorni più o meno simili. Pensiamo di esserne padroni quando invece non sappiamo neanche scegliere il peso delle cose importanti da ricordari. Così come è vero che magari non scorderai mai quel primo dicembre in cui scopristi che nell’amore c’è solo sofferenza, è pure vero che ricorderai una marea ingente di cose inutili che renderanno quel peso più piacevole.